venerdì 6 maggio 2011

Il Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche approda in Senato

SENATO DELLA REPUBBLICA - Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-05112





Atto n. 4-05112 - Pubblicato il 3 maggio 2011 - Seduta n. 547

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE di Francesco FERRANTE e Roberto DELLA SETA -
Ai Ministri della difesa, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute.

Premesso che:

sono sorti numerosi comitati di cittadini che si ritengono vittime innocenti dell'inquinamento derivante dallo smaltimento delle armi chimiche e recentemente è stato costituito il "Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche", al quale ha aderito anche un'associazione riconosciuta e prestigiosa quale Legambiente;

tale denuncia riguarda in particolare le armi chimiche, smaltite in modo legale, o illegale, nel Paese soprattutto subito dopo la fine del seconda guerra mondiale;

i protagonisti di questa vicenda sono agenti chimici che causano gravi danni alla salute e uccidono da ottant'anni. Sono stati usati in Libia e in Etiopia, e poi i loro effetti si sono sentiti anche sulla salute degli italiani. I loro nomi sono lewisite, iprite, fosgene, difosgene, arsenico, cloro, cloropicrina e agenti nervini serie G e V e tanti altri;

entrano nell'aria, nell'acqua, nella terra. E sembra che siano ancora lì: alle porte di Roma, alla periferia di Milano, nel golfo di Napoli, nel mare di Bari e Molfetta, sulla costa di Pesaro, sulle rive del Lago Maggiore e del Lago di Vico, nei fiumi d'Abruzzo;

le armi chimiche sono state progettate per essere invisibili, per portare morte e malattie incurabili, di cui è spesso difficile indagare l'origine. Questa è la storia dei veleni - creati dalla dittatura fascista - che hanno trasformato alcuni angoli tra i più belli della Penisola in luoghi pericolosi;

sembrano coinvolte molte fabbriche che, grazie al segreto di Stato, hanno scaricato i loro rifiuti nei fiumi, nei laghi, nei terreni, nelle riserve idriche; numerosi impianti mai bonificati sono veri e propri scheletri tossici disseminati nel Paese;

le armi chimiche sopravvivono a lungo nel terreno e nell'acqua: le migliaia di bombe che sembra giacciano nel mare di Ischia, di Manfredonia, di Molfetta, nel territorio di Foggia e del Lago di Vico potrebbero essere ancora fonte di pericolo;

da qualche mese, a Molfetta, sarebbero stati rallentati i lavori per l'ampliamento del porto a causa del ritrovamento, nella cosiddetta "zona rossa", di migliaia di ordigni convenzionali e a caricamento chimico, oltre a numerosi fusti di difosgene, che è un potente gas tossico asfissiante;

ancora oggi non si riesce a stabilire con esattezza quante armi chimiche siano state prodotte in Italia tra il 1935 e il 1945. Il piano varato da Benito Mussolini all'inizio della guerra, come si evince dalla lettura del libro-inchiesta pubblicato del giornalista de "L'Espresso" Gianluca Di Feo intitolato "Veleni di Stato", prevedeva la costruzione di 46 impianti per distillare 30.000 tonnellate di gas ogni anno. I documenti britannici analizzati nel suddetto libro - decine di file con rapporti segreti, relazioni diplomatiche, verbali di riunioni del Governo, minute di interventi di Winston Churchill e altri atti riservati che riguardano un periodo dal 1923 al 1985 - sostengono che si possa trattare di una quantità "tra le 12.500 e le 23.500 tonnellate prodotte ogni anno";

a questo arsenale imponente si sono aggiunte le armi schierate nel Nord Italia occupato dai tedeschi e quelle importate al Sud dagli americani e dagli inglesi. L'ultimo saggio pubblicato negli Usa da Rick Atkinson sostiene che solo gli statunitensi dislocarono negli aeroporti del Sud Italia circa 200.000 bombe chimiche. Fu proprio durante uno di questi trasferimenti nel porto di Bari che nel dicembre 1943 una nave piena di iprite esplose, contaminando acqua e aria: il disastro, il più grave mai avvenuto nel mondo occidentale, venne tenuto nascosto. Sempre secondo Atkinson fu Winston Churchill in persona ad ordinare di tacere, e in tal modo i feriti non avrebbero potuto ricevere cure adeguate;

fu Hitler, in persona, a dare il via libera alla prima di tante operazioni nefaste: affondare nell'Adriatico oltre 4.300 grandi bombe tossiche. Grazie ai documenti degli archivi tedeschi sappiamo che si trattava di 1.316 tonnellate di testate all'iprite, gran parte delle quali si trovano ancora nei fondali a sud di Pesaro;

dopo il 1945 gli Alleati si liberarono del loro arsenale di gas e di quello catturato agli sconfitti. I files dell'US Army - documenti in parte ancora segreti - rivelano che molte decine di migliaia di ordigni chimici vennero inabissati in una «discarica chimica» nel Golfo di Napoli, davanti all'isola di Ischia;

questo cimitero sottomarino potrebbe lentamente liberare i suoi veleni: le bombe si corrodono e rilasciano iprite e arsenico;

lo studio condotto nel 1999 dagli esperti dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (Icram) ha trovato tracce delle due sostanze negli organi dei pesci di quella zona e nei fanghi del fondale. Il responsabile dei ricercatori, Ezio Amato, ha denunciato una situazione molto preoccupante: "I pesci del basso Adriatico sono particolarmente soggetti all'insorgenza di tumori, subiscono danni all'apparato riproduttivo sono esposti a mutazioni che portano a generare esemplari mostruosi";

tali sostanze tossiche non sembra riposino soltanto in fondo al mare. Molti cittadini italiani non sanno di abitare in quartieri realizzati intorno, o addirittura sopra, a vecchi stabilimenti di armi chimiche. Solo come esempi esplicativi i casi: dell'Acna di Rho che ha convogliato i suoi scarichi nella falda idrica che scorre verso il centro di Milano, quello di Cesano Maderno che ha contaminato la Brianza e sempre in Lombardia a Melegnano dai suoli della Saronio continuano a sbucare nuvole nocive. I dossier dell'intelligence britannica parlano di 60-65.000 tonnellate di armi chimiche prodotte a Rho, 50-60.000 tonnellate a Cesano Maderno, altre decine di migliaia a Melegnano. Il tutto secondo le priorità di guerra, scaricando fanghi e scarti nei fiumi e nei campi;

altri esempi esplicativi sono quelli di due stabilimenti di gas protetti dal segreto militare, uno a Cerro al Lambro, davanti al casello milanese dove nasce l'Autostrada del Sole, l'altro a Cesano di Roma, nel territorio della capitale. Sono stati smantellati soltanto nel 1979, senza notizie accurate di un risanamento sistematico;

inoltre quando, dopo la caduta del muro di Berlino, sono caduti molti segreti, si è avuta notizia che, nonostante sino ad allora tutti i Governi italiani avessero negato la presenza di gas bellici sul territorio nazionale, esistevano almeno tre bunker;

il più importante di questi era posizionato sul lago di Vico; e sembra che in quella località durante i lavori nel 1996 una nube di fosgene ha raggiunto la strada, aggredendo un ciclista, forse l'ultima vittima europea delle armi chimiche. Solo nel 1997 si è scoperto che l'Esercito aveva messo da parte almeno 150 tonnellate di iprite del modello più micidiale, mescolata con arsenico. In più c'erano oltre mille tonnellate di adamsite, un gas potentissimo ma non letale, e 40.000 proiettili chimici. Per neutralizzarli è stato creato un impianto modello a Civitavecchia che imprigiona le scorie velenose in cilindri di cemento. Una "fabbrica di pace" che lavora senza sosta dal 1993 e continuerà a farlo almeno fino al 2015. Lì i cilindri di cemento all'arsenico, continuano ad aumentare: sono già molte migliaia, in attesa che venga individuato un deposito definitivo dove seppellirli,

si chiede di conoscere:

se i Ministri in indirizzo non intendano, entro brevissimo termine, informare il Parlamento sullo stato reale dei lavori di bonifica, presentando un'apposita e dettagliata relazione sui siti in premessa in modo da poter chiudere definitivamente una vicenda troppo a lungo tenuta segreta;

se non intendano istituire urgentemente una commissione straordinaria al fine di predisporre, realizzare e completare le bonifiche, anche attraverso lo stanziamento di uomini, mezzi e fondi adeguati, di tutti i siti inquinati affinché si possa dare seguito ad un'efficace azione di bonifica dell'aree contaminate colpite drammaticamente nel loro equilibrio ambientale al fine di preservare inoltre la salute pubblica delle popolazioni residenti;

se non intendano dare seguito alle richieste dei vari comitati e movimenti, oggi rappresentati dal "Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche", che da tempo chiedono un'approfondita campagna di individuazione di ulteriori aree di smaltimento non ancora precisamente individuate ma di cui si ha notizia certa negli archivi militari, e il monitoraggio sanitario e ambientale sui cittadini e sui loro territori.

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